pièdimosca edizioni

interviste

Il lettore medio | Intervista a Valentina Bolognini

Esistono più interazioni possibili in una partita a scacchi che atomi nell’universo.

Curiosi di tutto il mondo unitevi. Questo il primo commento al termine della lettura de “Le nuvole sono pesantissime”, il volume illustrato di Valentina Bolognini (edito da Pièdimosca) nel quale vengono raccolte tantissime curiosità bizzarre ma autentiche. Si scopre così che i fiori più grandi del mondo non hanno affatto un buon odore, che i bambini crescono di più durante la primavera e che, appunto, le nuvole sono pesantissime.

Quel che mi è piaciuto di più di questo libro è il messaggio che Valentina Bolognini ha voluto lanciare: siate curiosi e assecondate sempre la vostra sete di conoscenza contando sul supporto di una tecnologia. Inoltre: uscite, osservate il mondo e scoprite quanto quel che ci gira intorno sia speciale nella sua semplicità. Non aggiungo altro e lascio la parola all’autrice.

“Le nuvole sono pesantissime”. Come e soprattutto perché è nato questo libro?

L’idea nasce circa tre anni fa, dopo aver fatto con un mio collega grafico dell’epoca un calendario a tema Acqua che nasceva con questa impostazione. Mi ero molto divertita a trovare i fatti curiosi, e illustrarli in maniera fantasiosa mi veniva molto naturale. Così in seguito ho voluto riprendere l’idea e ampliarne lo spettro cercando più curiosità e illustrandole come le vedete ora. La selezione è avvenuta sia per categoria (ad esempio cosmo, animali, ecc…) che per livello di originalità… insomma mi doveva risultare simpatica e in grado di fornire un’immagine mentale associata.

Quel che racconti è tutto assolutamente reale e scientificamente fondato. Sei d’accordo con me nel sostenere che, assai spesso, la realtà superi la fantasia?

Sì. Ed è importante tenerlo sempre a mente. Queste curiosità in fondo non fanno altro che ricordarci che la realtà è molto più interessante di come la percepiamo tutti i giorni.

Quanto ti ha divertita scrivere questo libro?

Non mi sento di dire di aver scritto un libro, mi sento più a mio agio a dire di averlo illustrato. In fin dei conti le curiosità sono delle brevi frasi e il lavoro più grosso è stato trovare per ognuna l’illustrazione giusta. Mi sono divertita molto, sia nel cercare queste curiosità sia nel disegnarle. Ho potuto scoprire tante informazioni, confermarne altre di cui avevo un vago ricordo e mettermi alla prova.

Se dovessi trovare un accostamento letterario penserei subito a “Il libro dei perché” di Gianni Rodari. C’è stata un’influenza di questo tipo o il tuo spirito curioso ti ha guidato verso la realizzazione dell’opera?

Capisco il tuo accostamento di cui sono oltremodo onorata.

Il fatto di voler accostare scienza e poesia è in effetti il punto di contatto con “Il libro dei perché”. Ho voluto creare un luogo dove razionalità e fantasia convivessero e giocassero insieme.

Rodari parla con il bambino, prima lo istruisce con una spiegazione scientifica ma poi lo cattura con una riflessione poetica. Nel mio libro lascio invece alle immagini il ruolo di far sorgere una riflessione poetica: penso ad esempio alle rappresentazioni di “siamo fatti di polvere di stelle” o “la stella più grande si trova nella costellazione del cigno” o a quella sul loto Ogha. Non c’è stata quindi un’influenza di questo tipo in realtà, perché le curiosità valgono per tutte le età, non sono nate per un pubblico esclusivamente di bambini, sono nate come fatti che interessavano a me in primis e quello che volevo fare non era dare una risposta o una spiegazione, ma mettere il lettore davanti al fatto compiuto – interpretato attraverso un’immagine – in modo da avviare una riflessione, da stimolare la curiosità, da portarlo a farsi delle domande e aver voglia di saperne di più. Le immagini ci parlano col loro linguaggio che non è fatto di parole, ma al quale siamo assolutamente ricettivi. Il dividere da una parte la curiosità scientifica e dall’altra l’interpretazione fantasiosa mima la divisione in emisferi del nostro cervello: noi siamo logica e creatività, analisi e poesia ed è quindi naturale che in una narrazione abbiamo il bisogno di ritrovare entrambe queste parti.

Restando in tema, dalle pagine del volume arriva un messaggio chiarissimo: siate curiosi e non accontentatevi mai di quel che già conoscete. Riflessione corretta?

Sì, direi che questa riflessione sintetizza bene l’idea che c’è dietro. Non dimentichiamo però che c’è anche una componente di magia, intesa come meraviglia e le immagini tentano appunto di rendere onirico qualcosa che è invece saldamente reale. Siamo un corpo e un’anima e abbiamo bisogno di nutrirci di entrambi i tipi di pensiero.

Quale delle numerose curiosità condivise ti ha colpito maggiormente?

Il mio fatto curioso preferito è proprio “le nuvole sono pesantissime”, perché è qualcosa a cui non avevo mai pensato e soprattutto perché è controintuitivo e quindi quando l’ho scoperto mi ha colpito. Inoltre può essere visto anche come una metafora di vita o una frase motivazionale, del tipo “le nuvole sono pesantissime… ma volano lo stesso”.

Cosa ti aspetti da questo libro?

Questa è una domanda difficile perché il libro è nato come una necessità, non mi sono mai posta il pensiero di come sarebbe stato accolto e di quale sarebbe stato il suo percorso. Mi sono comunque premurata che avesse un messaggio e che non fosse noioso. Mi auguro che i lettori colgano quel senso di magia e meraviglia che sta dietro alle cose comuni e che sorridano nell’accogliere le mie associazioni mentali. Trovo molto emozionante l’idea che un bambino, una volta adulto, porterà con sé il ricordo di questo libro.

leggi sul sito


Il lettore medio | intervista a Lucia Biancalana

Ipallage […] Cala con pigre ruote il falco.

Perché non creare una guida per orientarsi tra le figure retoriche?

Forse è questa la domanda che si è posta Lucia Biancalana, autrice di “Cicero”, il saggio illustrato edito da Pièdimosca edizioni.

Il volumetto – proposto nel singolare formato flipbook – mette il lettore di fronte a centinaia di artifici discorsivi ai quali, in maniera più o meno consapevole, ci accostiamo. E ne fa uso la letteratura, ma pure il cinema, la pubblicità o la propaganda politica.

Lucia Biancalana si diverte ad attingere dal vastissimo repertorio della retorica aggiungendo per ogni figura un’illustrazione che rende più chiaro il concetto.

Ho trovato interessantissimo il libro (date un’occhiata alla nostra IGTV di Instagram per vedere la chiacchierata con l’autrice) innanzitutto per l’intento pedagogico: far scoprire al lettore l’aspetto ludico delle parole. Sfatando il mito di disciplina noiosa, la retorica si trasforma in un enorme parco giochi con centinaia di attrazioni da scoprire e con le quali divertirsi.

Non aggiungo altro lasciando la parola all’autrice.

“Cicero”. Come è nato questo libro?

“Cicero” è nato da una Lucia molto confusa e interessata a tante cose contemporaneamente. La poliedricità delle figure retoriche mi è quindi apparsa come una piccola guida con cui orientarsi nella realtà. Da questa premessa, “Cicero” è diventato poi tanto altro. È stato sicuramente un progetto impegnativo e divertente da realizzare, che tuttora mi aiuta a ricercare delle idee in ambito lavorativo. È inoltre un mezzo divulgativo che coinvolge varie discipline: dalla poesia alla pubblicità, dall’arte allo spettacolo e chi più ne ha più ne metta. “Cicero” è infine, e prima di tutto, un’introduzione alle figure retoriche, una piccola guida utile a tutti, dato che ogni giorno, inevitabilmente, ci confrontiamo con i seduttivi artefici della retorica.

Il volume stimola la riscoperta: quella del valore ludico della scrittura. Non di solo smartphone vive l’uomo. Concordi?

Certo, per fortuna ogni tanto bisogna tenere in mano anche forchetta e coltello! Il fatto è che ormai qualsiasi cosa è accessibile attraverso uno schermo e per comunicare, fotografare, ascoltare, giocare, scrivere e leggere possiamo utilizzare un unico oggetto. “Cicero” ne è ben consapevole ma piuttosto che criticare a priori la realtà vorrebbe offrire gli strumenti con cui analizzarla, per permettere ai lettori di non rimanere passivi e di non lasciarsi ingannare dai torrenti di immagini che scorrono ogni giorno sul nostro schermo.

I richiami ad autori come Queneau, Rodari, Fosco Maraini e altri “funamboli della parola” sono evidenti. Quali altre sono state le fonti d’ispirazione?

C’era un libro all’ISIA di Urbino che scorreva spesso tra i banchi. Un oggetto grande e pesante, dalla copertina coloratissima. Dentro era racchiuso il lavoro di Massin, graphic designer e artista francese del ‘900, che ha sperimentato in maniera davvero innovativa il rapporto tra letteratura, tipografia e immagini: insomma, un pioniere nell’interpretazione visiva del linguaggio. Questo per dire che, in generale, gli stimoli che ho ricevuto risentono molto dell’ambiente universitario che ho frequentato.

La curiosità è e deve essere il motore di qualsiasi attività, culturale e non. Un suggerimento che andrebbe rivolto ai bambini, ma anche e soprattutto agli adulti, spesso troppo distratti da una realtà che scorre loro davanti agli occhi. Riflessione condivisibile?

In realtà, non mi sento di elogiare troppo il concetto di curiosità, perché può avere davvero tante connotazioni. Quello che suggerisco probabilmente è di imparare a dirigere la nostra curiosità secondo i nostri gusti e bisogni, per non lasciarla esclusivamente in mano agli stimoli che ci arrivano dall’esterno. Il linguaggio sfruttato dai social o dalla tv è calibrato per un lettore superficiale e fa capo ai bisogni più infantili dell’essere umano. Le figure retoriche sono sfruttate tantissimo in questo caso perché attirano la nostra attenzione, ci seducono e ci incuriosiscono, appunto. Ma verso cosa? Penso che sia questa piuttosto la domanda da porsi.

Cosa ti aspetti da questo libro?

Quello che spero maggiormente è che attraverso questa breve introduzione alle figure retoriche il lettore possa acquisire maggiore consapevolezza dello studio e del ragionamento che c’è dietro ogni parola e ogni immagine. E poi spero che faccia anche un po’ ridere, a dispetto di chi percepisce le figure retoriche come una noiosa, pomposa lista di termini e regole letterarie.

Un saluto retorico per i nostri lettori!

Innanzitutto, grazie per avermi dedicato un po’ del vostro tempo!

Vi lascio con una sentenza che ho sentito pronunciare per la prima volta da Jack Nicholson, nei panni del Joker in Batman (Tim Burton, 1989 – capolavoro, tra l’altro): “La penna è davvero più potente della spada”.

LEGGI SUL SITO


Le Neonatessere. Intervista a Francesca e Virginia

a cura di Costanza Raspa

 

Come è nata l’idea delle Neonatessere?

L’idea di realizzare delle tessere ad alto contrasto visivo è venuta a Virginia, mentre era in attesa del suo piccolo Samuele.

Francesca ha sin da subito accolto e capito l’idea e nel giro di qualche giorno aveva già realizzato alcune tessere. (altro…)