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MISSIONE A BERLINO DI UN REDATTORE SUICIDA | racconto di Angelo Calvisi

Sul treno rosso che ci porta a Berlino mi sembra di stare dentro una bolla che galleggia per aria, e i minuti sono ore, come se il tempo del breve spostamento verso il centro della città non dovesse finire mai. Ascolto Angela che mi racconta di un viaggio che ha fatto, non ho capito se prima o dopo esserci conosciuti. Prende dalla borsetta un foglio piegato a metà, è un articolo dell’edizione inglese del «National Geographic» e parla della tundra norvegese. L’articolo è corredato da una foto in bianco e nero, in primo piano c’è una figura incastrata dentro una motoslitta. – Sono io, – dice Angela, ed è un riconoscimento sulla fiducia, perché così intabarrata, con la parte inferiore del viso coperta dal colletto della giacca a vento e la parte superiore nascosta dagli occhiali scuri e dal cappello di lana da lappone, non mi sarei proprio reso conto. Alle sue spalle c’è un tizio lungo e spigoloso, con lo sguardo serio, quasi severo, e non so se dipende dall’espressione o dal bianco e nero molto contrastato della foto, però mi fa venire in mente un esploratore di quelli storici, tipo Roald Amundsen o Robert Falcon Scott. Con Angela mi vanto di essere un esperto di esplorazione polare. Le dico che ci sono andato anch’io, in Norvegia, perché quando ero all’università il mio professore di Storia delle Esplorazioni Geografiche mi aveva dato un lavoro, cioè dovevo andare ad Oslo per intervistare Eigil Nansen, il nipote del celebre esploratore Fridtjof Nansen, e l’intervista me l’avrebbero pubblicata in una rivista che adesso non ricordo, e non ricordo neppure cos’è successo, ma Eigil Nansen di certo non l’ho incontrato e mi sono ritrovato con due studenti italiani, di Perugia, erano ad Oslo per l’esperienza Erasmus, e con questi due studenti sono andato nella zona dell’altopiano di Hardanger per assistere al suicidio di massa dei lemming. Sono stati tre giorni pieni di silenzio, tre giorni di colori plumbei e vento gelido, e non c’è stato nessun lemming, nessun maledetto lemming che si sia suicidato o che abbia perso la strada o che sia inciampato sulle sue zampe, precipitando per la nostra soddisfazione nello spettacolare dirupo del fiordo. (altro…)